Testimonianze:
a cura dei gruppi Auto-Mutuo-Aiuto di Milano, Monza e Rho per l'assistenza alle persone che hanno perso un proprio caro.


Ho conosciuto il Gruppo AMA nell’autunno del 1999, su indicazione del Dott. Cazzaniga, che per oltre un anno, all’interno della struttura VIDAS, mi aveva aiutato a percorrere il tunnel del lutto: con la scomparsa di mio padre poi e prima di mia madre, mi ero ritrovata completamente sola, scollata emotivamente dalla vita che pure continuava.
La frequentazione del Gruppo AMA segnò per me un passaggio, dal colloquio a due, lo psicologo ed io, al mutuo scambio di esperienze di lutto che, nelle loro naturale varietà, avevano tanto in comune, il dolore assoluto in primo luogo, ma anche l’incredulità, la rabbia, il senso di impotenza, la percezione di un distacco nei confronti della quotidianeità, la ricerca di una ragione, il disperato desiderio di scomparire, ma anche di ritornare a vivere.
Mi calai in quell’esperienza con fiducia, perché nella piccola sala del San Gerardo, dove tuttora ci ritroviamo, mi sentivo protetta e capita: l’inizio fu comunque emotivamente destabilizzante e per settimane dovetti fare forza su me stessa per non mancare agli incontri.
Parlare di mio padre, di mia madre, del calvario della malattia e del loro ultimo respiro, era come mettere a nudo ogni volta una ferita profonda e dolorosa.
Riversavo tutta la mia fragilità su Giovanna, Paola, Marisa, Marinella, Silvano, Patrizia, Roberto, Ezio... e poi ascoltavo le loro esperienze e mi riconoscevo in esse.
Quello che all’inizio era uno strazio, a poco a poco, divenne una terapia: alleggerivo il cuore per poi ricolmarlo di riflessioni e di pensieri condivisi, più avanti anche di ragioni, di barlumi di luce.
Col tempo la frequentazione è diventata un campo di amicizia: ho imparato ad ascoltare e a capire di più gli altri e anche a sorridere. Credo che il Gruppo AMA mi abbia aiutato e mi aiuti tuttora a sentirmi meno sola, a non temere il frastuono del mio cuore dove ancora si affollano ricordi e immagini tristi, insieme a paure, incubi, ma a distinguere in essi, tra le note acute del dolore, anche il suono dolce della nostalgia e con esso, la voce rassicurante e protettiva dei miei genitori.

(Giordana Prina, Milano)


Molti anni fa mio marito morì a soli 47 anni in un modo repentino e inaspettato. Rimasi sola ad allevare due figli ancora studenti e a curare una madre già di salute cagionevole.
Per non mettere in crisi tutti con i miei incessanti „perché?" mi buttai nel lavoro. Avevo un impiego importante, e soffocai nel silenzio il mio dolore. Sono vissuta cosi per anni ignorando me stessa, dedicandomi agli altri ed il mio lutto rimase li a covare sotto la cenere, pronto a riemergere nei momenti di grave difficoltà, e di questi momenti ce ne sono stati tanti!
Due anni fa sono venuta a conoscenza dei gruppi AMA dal dott. Cazzaniga e dopo aver partecipato alle giornate di sensibilizzazione presso Vidas ho sentito, anche su me stessa, l'utilità di condividere il proprio dolore con altre persone che hanno gli stessi problemi, e che ti possono capire.
Ho dato perciò la mia disponibilità affinché anche a Rho si facesse questa positiva esperienza.
Elaborare il lutto non vuole dire dimenticare, ma trasformare il dolore in ricordi di giorni sereni dei quali c'è consesso in ogni modo di sentire un'infinita nostalgia.
Elaborare il lutto vuol dire lasciar riposare in pace i nostri cari, guardare avanti e, pur serbando nel nostro cuore un posto per loro, riprogrammare serenamente il nostro avvenire.

(Annamaria Bussedi, Rho)


Un anno di partecipazione a un Gruppo di Auto-Mutuo-Aiuto per le persone in lutto.
La prima sensazione positiva è stata di essere entrato in un gruppo dove non solo una persona che soffre per una perdita recente può parlare ed esprimere liberamente le sue sensazioni e le sue emozioni, ma è invitato a farlo ed è ascoltato con attenzione.
Subito dopo è venuta la realizzazione che esistono sofferenze diverse e a volte più grandi della mia. La condivisione della sofferenza ha avuto un primo effetto benefico perché mi ha portato a mettermi meglio in ascolto degli altri.
È nata quindi molto facilmente una naturale empatia per gli altri componenti del gruppo e con alcuni di questi si è trasformata in amicizia disinteressata, e ha fatto crescere in me la voglia di essere utile e di aiuto agli altri e di dare forma a questo desiderio con azioni concrete.
Questo credo sia stato per me l’effetto terapeutico più importante ed è legato anche al mio carattere di uomo "portato a fare".
La mia partecipazione ad un gruppo AMA si avvicina all’anno. Mi sono dato un obiettivo che è quello di modificare la mia relazione con il gruppo ad un anno dal mio ingresso. Ho detto: "cambiare la mia relazione", non abbandonarlo, lasciando spazio però ad altre persone con sofferenze più recenti ed acute della mia.
La perdita del compagno o della compagna della vita (è il mio caso) cambia profondamente dentro; la partecipazione ad un gruppo AMA mi ha aiutato a intravedere e trovare poi qualche positività nel cataclisma che mi ha sconvolto l’esistenza.

(Felice A., Milano)


Non si è mai preparati ad affrontare la perdita di una persona che si ama.

Il gruppo di auto-mutuo-aiuto mi ha aiutata in questo doloroso percorso, iniziato per me prima che la mamma mi “lasciasse”.

Dall’esperienza e dalla solidarietà di altre persone ho tratto la forza per cercare di guardare oltre il mio dolore e superare i momenti più difficili.

(Emanuela, Milano)


A che punto sarei oggi, se non avessi incontrato questi amici del Gruppo di Auto Mutuo Aiuto, dopo quasi quattro anni dalla scomparsa di Ernesto, mio marito? Questa è una domanda che mi pongo spesso.
Penso di poter dire che ognuno di noi deve fare un percorso, spesso faticoso, per raggiungere una certa serenità ed equilibrio nel proseguire la vita, ma parte fondamentale per arrivare ad accettare la realtà e meglio proseguire ha avuto il "nostro spazio privilegiato", cioè il Gruppo.

(Marinella Corti, Besana Brianza)


Mio figlio Alessandro, tra una chemio e l’altra, un giorno mi disse con grande entusiasmo: "Mamma, ho conosciuto un dottore illuminato, devi conoscerlo!" Mi chiamò lui dopo due mesi dalla morte di Alessandro chiedendomi a che punto ero arrivata nell’elaborazione del mio lutto, glielo dissi.
"Bene, mi piacerebbe che venisse a raccontare la sua esperienza a questo Gruppo, che ho appena costituito, di persone che hanno perso un caro. Cosa ne pensa?", mi chiese.
Ne ho pensato così bene che sono tuttora nel Gruppo a distanza di quattro anni dalla morte di Ale e credo profondamente nel Gruppo, nella sua forza, nell’empatia, nel coraggio e nella condivisione della disperazione, nella possibilità emotiva che ti dà. Il mio dolore è sempre lì grande, lacerato, sfrangiato, ma il Gruppo mi ha dimostrato che non sono sola, che la vita è comunque valida, che vale la pena di viverla con determinazione, caparbietà, reinventandola ogni mattina... è vero, ma comunque tua.
Ho riconoscenza, grande riconoscenza verso mio figlio che mi ha insegnato il valore della vita, della sua, della mia e mi ha fatto comprendere che la vita va vissuta giornalmente, nella semplicità della quotidianeità, ma profondamente consapevoli che non deve trascorrere sotto i nostri occhi senza che ce ne accorgiamo.Vivere certi non solo del passato, se non con le emozioni che suscitano i ricordi, ma coniugandolo per scelta al presente per aprire con serenità il futuro. Questo è quanto mi ha dato il Gruppo.

(Giovanna Geranzani, Monza)


Facciamo parte del Gruppo fin dalla sua nascita: l’ingresso non è stato dei più facili in quanto avevamo perso nostro figlio Gabriele da soli tre mesi.
Siamo stati costantemente presenti a tutte le riunioni, anche se questo creava in noi un grave stato di malessere. Il confronto con le altre persone del Gruppo ci ha aiutato a comprendere la nostra situazione, ad affrontare il dolore che ne derivava e a pensare al futuro.
Ci ha fatto capire che farci annientare da dolore, dalla rabbia e dalla rassegnazione non ci avrebbe aiutato a colmare la mancanza di nostro figlio. Abbiamo così trovato la forza di fare qualcosa di costruttivo per combattere la leucemia, creando un’associazione che porta il nome di Lele: nel suo ricordo organizziamo manifestazioni di ogni genere, principalmente sportive e dedicate ai giovani, per creare sane e amichevoli competizioni con l'obiettivo finale della solidarietà. Infatti raccogliamo fondi che destiniamo al sostegno del Reparto di Ematologia Adulti dell’Ospedale San Gerardo di Monza.
Questo contatto con i giovani ci è di grande aiuto e ci dà grande soddisfazione verificare quanto Lele fosse amato dai suoi amici e quanto sia ancora nei loro cuori, così come nei nostri. Certo la sua assenza fisica è importante, ma la certezza che il suo spirito sia sempre presente, ci dà una grande forza a continuare per questa strada.
In tutto questo è stato comunque determinante l’aiuto del Gruppo AMA, che ci ha sempre aiutati e spronati a prendere le nostre decisioni.

(Patrizia e Roberto Brandazzi, Villasanta)


Sono vedovo da quando è mancata mia moglie Margherita e precisamente dal 19/01/1999, e frequento il Gruppo di auto mutuo aiuto dalla fondazione: primi di maggio 1999.
Invitato a parteciparvi, sono stato un assiduo frequentatore, animato dalla speranza di trovare un sostegno per stare meglio. Ho avuto fede in questo mio percorso e anche se in alcuni momenti non capivo o meglio, non sentivo il beneficio della frequentazione, ho tenuto duro.
Successivamente, per l’atmosfera che si era creata tra di noi, di comprensione, condivisione, stima, confronto e altro, ho capito che la forza del Gruppo cominciava a prendere corpo; iniziava così in me un nuovo interesse per il presente.
A distanza di un anno dell’appartenenza al Gruppo, la mia frequentazione era motivata dal desiderio di dare aiuto a chi ancora non aveva eleborato completamente il proprio percorso.
Auguri a tutti voi che mi avete dedicato alcuni minuti per la lettura di queste poche righe; possiate anche voi trovare un giusto equilibrio e tanta serenità..

(Silvano Cagnola, Macherio)


Non conoscevo l’esistenza del Gruppo AMA. Me ne ha parlato un amico che mi ha invitato a presenziare a una riunione. In essa, con molta semplicità, i partecipanti, che erano una decina, si sono presentati con il loro nome e ognuno di loro ha dichiarato quale persona cara aveva perduto.
Anch’io mi sono presentato dichiarando il mio nome e la persona cara che mi era mancata.
Quindi, chi dei partecipanti ne aveva voglia, parlava del lutto che l’aveva colpito e del cammino che aveva dovuto seguire per arrivare a superare la disperazione e lo smarrimento conseguenti alla perdita e imparare a convivere con il proprio dolore.
Condizione questa che non può essere qualificata serenità, ma che aiuta a vivere e a superare la disperazione.
Ho notato che parlando con i partecipanti del gruppo del proprio dolore, questi non solo ti stavano ad ascoltare, ma, cosa ancora più consolante, ti capivano e forse perché il tuo era anche il loro dolore che quantomeno gli assomigliava. Questo parlare del proprio dolore con chi ti capisce, se può sembrare banale nella sua semplicità, ha il vantaggio di liberarci sia pure momentaneamente delle pene che attanagliano il nostro animo e di aiutarci a dominarlo e a conviverci.
È inutile sottolineare che quando si parla della persona cara, che è venuta a mancare, in relazione all’intensità del rapporto che ci ha legato, si provano sempre delle emozioni e qualche lacrima sgorga sempre dai nostri occhi.

(Carmelo Salamone, Campo Fiorenzo)


Ho conosciuto, su mia richiesta, lo psicologo dottor Cazzaniga durante il ricovero di mio marito nel reparto di Ematologia Adulti dell’Ospedale San Gerardo di Monza. Il dottor Cazzaniga, allora, dava supporto ai parenti e ai degenti del reparto.
Dopo alcuni anni dalla morte di mio marito sono stata invitata, con altre persone, dallo psicologo a fare parte del Gruppo di Auto Mutuo Aiuto che lo stesso dottore stava formando.
All’inizio è stato difficile, poi piano piano e tuttora, sto rimarginando il cordoglio.
Mi trovo molto bene nel Gruppo, nel quale cerco di formare di nuovo il puzzle della mia vita, con amici che hanno vissuto la mia stessa tragedia e nel contempo aiutare coloro che stanno attraversando la stessa fase di lutto.

(Marisa Mauri, Lesmo)


Mi chiamo Maria e ho perso mia figlia.
Sono stata indirizzata al Gruppo AMA di Monza da un’amica che era a conoscenza della sua costituzione all’interno dell’Associazione "Luce e Vita".
Dietro sua insistenza e dopo aver pensato: "Provo, tanto cosa ho da perdere? Al limite vado solo una volta", ho iniziato questo lungo, doloroso, ma utile travaglio.
Secondo me la vera essenza del Gruppo è la consapevolezza di avere a fianco delle persone che ti comprendono e di riuscire a parlare senza la paura di suscitare pietà, perché le persone che ti ascoltano sono portatori del tuo stesso dolore.
A distanza di quasi due anni dall’inizio della frequenza del Gruppo riesco a parlare di mia figlia e della sua scomparsa, qualche volta con disperazione, ma qualche volta con una infinita dolcezza, certa della vicinanza degli appartenenti al gruppo e aiutata dalla - nuova scoperta - presenza spirituale di mia figlia.
La morte di un figlio pone di fronte a vari problemi esistenziali: dubbi sulla propria capacità di continuare a vivere e sulla possibilità di continuare a credere.
A ogni riunione sembra di trovare una piccola risposta e di fare un piccolo passo per scalare l’enorme montagna di sofferenza e dolore e di ritrovare un nuovo equilibrio. Io mi sarei totalmente chiusa nel mio dolore, ma grazie a voi del Gruppo che non me lo avete permesso... e mi sono aperta.

(Maria Aronica, Monza)


Al Cimitero di Monza conobbi casualmente due persone che frequentavano già il Gruppo e venni invitata. Oggi lo frequento anch’io da circa un anno.
Ho avuto la possibilità di essere capita da persone che hanno provato lo stesso dolore e confrontarmi con loro. I benefici li ho avuti anche nel quotidiano con chi mi è vicino.
Dopo la morte del mio nipotino non avevo quasi più la forza di reagire; oggi non è passato il dolore, ma comunque parlandone e confrontandomi con gli altri ho fatto tanti progressi.

(Ornella Rivolta, Monza)